Se i genitori notano un comportamento anomalo nei confronti del cibo in primo luogo è necessaria una visita pediatrica/medica per una corretta diagnosi differenziale.
Stabilita l'origine psichica del disturbo, il ragazzo ha soprattutto bisogno di essere accettato nella sua sofferenza e non colpevolizzato: è meglio parlare dei sentimenti e delle angosce relative all'alimentazione, piuttosto che insistere esclusivamente che il figlio si alimenti. Questo sia per costruire una base di fiducia con i genitori, che spesso costituiscono il polo interno del conflitto, sia per aiutare il bambino/ragazzo a verbalizzare in un linguaggio emozionale il malessere profondo che è stato polarizzato sul corpo.
Essendo che i pazienti anoressici presentano un nucleo di personalità tendente all'autodistruzione e alla morte piuttosto che alla vita, è essenziale che i genitori si adoperino per una comprensione profonda della personalità del figlio, imparando a riconoscerne le zone vitali, che andranno incoraggiate al fine di creare un compenso e una sublimazione della sofferenza.
E' necessario tentare di stabilire una complicità con le parti più sofferenti e una collaborazione con le parti più sane della personalità del figlio.
Perciò è necessario per i genitori un percorso psicologico da svolgere parallelamente a quello del figlio.
Si ritiene che l'approccio terapeutico preferibile sia quello a indirizzo psicodinamico, essendo necessario non solo modificare in modo meccanico il comportamento alimentare, ma soprattutto comprendere profondamente le dinamiche interne della personalità e della famiglia.
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